Tasse, avvantaggiate le grandi aziende. Anche quest’anno penalizzate le piccole

Buone notizie sul fronte fiscale solo per le imprese di dimensioni grandi e medie. Per le piccole, peraltro la maggioranza delle aziende presenti sul territorio nazionale, non resta che sperare e attendere l’anno prossimo per una riduzione della pressione delle tasse. I conti li ha fatti l’Ufficio studi della Cgia: se il taglio dell’Ires (Imposta sui redditi delle società di capitali) consente alle società di risparmiare 3,9 miliardi di euro di tasse all’anno, alle piccole e micro imprese, invece, lo slittamento dell’introduzione dell’Iri (Imposta sui redditi) non consentirà di risparmiare almeno 1,2 miliardi di euro di tasse all’anno. Anche se il governo Renzi nel 2016 aveva annunciato di tagliare le imposte sui redditi a tutte le imprese, a distanza di 12 mesi le attività interessate dalla contrazione dell’Ires, infatti, sono state poco meno di 630.000, che costituiscono solo il 13% circa del totale delle aziende presenti nel Paese. Una promessa mantenuta solo in parte, quindi.

L’Iri slitta al 2018

Sempre in base ai dati, quest’anno l’Ires è scesa di 3,5 punti attestandosi al 24%, per le piccole e micro imprese (persone fisiche, società di persone, società in nome collettivo, ecc.) mentre l’introduzione dell’Iri, prevista nel 2017 con un’aliquota del 24%, slitta, secondo la legge di Stabilità, al 2018. La ragione del ritardo? Secondo la Cgia, risiede nella mancanza di copertura finanziaria da parte del Governo. Tuttavia, continua l’associazione, a fronte della contrazione dell’Ires, alle società di capitali è stata ridimensionata l’Ace (Aiuto alla crescita economica). Una misura, quest’ultima, nata qualche anno fa per premiare le imprese che si capitalizzavano. L’impatto economico negativo di questo intervento è di 1,7 miliardi di euro. “Pertanto, agli effetti positivi del taglio dell’Ires (3,9 miliardi) va sottratto il ridimensionamento dell’Ace che, comunque, consente alle società di capitali di ‘guadagnare’ 2,2 miliardi di euro all’anno” riporta l’agenzia AdnKronos.

Buona notizia, addio agli studi di settore

Anche per le microimprese, tuttavia, c’è una buona notizia sul fronte fiscale.Si tratta dell’addio agli studi di settore che verranno sostituiti dagli indicatori di affidabilità economica. “Pur riconoscendo che, rispetto a qualche decennio fa, tra le società di capitali troviamo anche le piccole imprese” ha detto all’AdnKronos il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo “è indubbio che il taglio dell’Ires ha avvantaggiato soprattutto le grandi, in particolar modo quelle appartenenti al settore energetico e a quello minerario. E sebbene la riduzione dell’Ires sia stata in parte bilanciata dall’attenuazione degli effetti positivi dell’Ace, ancora una volta si è prestata attenzione solo alle istanze sollevate dalle imprese di maggiore dimensione, mentre alla stragrande maggioranza delle attività che non pagano l’Ires non è stato riservato alcun vantaggio fiscale”.

La fine di un incubo?

“Per molti lavoratori sarà la fine di un incubo, anche se sarà necessario monitorare il periodo di transizione di questi nuovi strumenti. I nuovi indicatori di affidabilità fiscale che sostituiranno gli studi di settore, infatti, dovranno garantire una riduzione delle tasse e una maggiore semplificazione nei rapporti con il fisco. Altrimenti questa novità servirà a poco. Per questo è determinante che nella fase di gestazione di questi indicatori sia determinate il ruolo delle associazioni di categoria dei lavoratori autonomi, che meglio di chiunque altro conoscono le specificità e le caratteristiche fiscali delle attività interessate da questa novità” conclude Zabeo.