L’organizzazione del lavoro in Italia. Orari, luoghi, grado di autonomia

Com’è organizzato il lavoro in Italia? Come sono definiti gli orari e i luoghi, e qual è il grado di autonomia dei lavoratori? L’indagine sulle Forze di Lavoro dell’Istat ogni anno approfondisce un aspetto del lavoro, o alcune caratteristiche dei lavoratori. E il modulo ad hoc inserito nel questionario standard del 2019 raccoglie informazioni proprio sull’organizzazione e gli orari di lavoro degli occupati. L’obiettivo è valutare in che misura il lavoratore possa esercitare una certa autonomia in base alle proprie preferenze e necessità. Secondo i risultati della rilevazione oltre sette occupati su 10 (16,6 milioni di lavoratori) non hanno la possibilità di decidere l’orario di inizio o della fine della propria giornata lavorativa. Il 16,4% ha invece piena autonomia nella scelta, e un ulteriore 12,0%, pur dichiarandosi autonomo, è soggetto ad alcune limitazioni.

Le categorie più forti hanno maggiori margini di flessibilità oraria

Per i lavoratori dipendenti l’orario è definito dal datore di lavoro, mentre i vincoli che incontrano i lavoratori autonomi sono riferiti alle esigenze dei clienti o dalle norme. Gli uomini, i lavoratori dai 50 anni in su, e quelli con titolo di studio elevato (le categorie tradizionalmente più forti nel mercato del lavoro) hanno maggiori margini di flessibilità oraria. Più spesso degli altri lavoratori possono infatti decidere l’orario della giornata lavorativa, e più facilmente possono accedere a permessi e ferie, anche con breve preavviso. Più costrittive sono invece le condizioni lavorative di stranieri, giovani, donne e di chi ha un basso titolo di studio.

La flessibilità è richiesta dalle aziende

Accanto alla flessibilità richiesta dai lavoratori per esigenze personali vi è quella del datore di lavoro in ragione di esigenze produttive. A un quinto dei dipendenti viene richiesta una modifica dell’orario lavorativo almeno una volta a settimana, e a un ulteriore 22,6% almeno una volta al mese. Tali richieste sono più frequentemente rivolte agli occupati laureati, di sesso maschile o con cittadinanza italiana. Agli stranieri, alle donne e alle persone con bassa istruzione raramente viene chiesto di modificare il proprio orario di lavoro.

Lavoro da casa, più diffuso nel settore dei servizi

Tra i lavoratori autonomi, inclusi i dependent contractor, il 45,0% deve inoltre rivedere il proprio programma di lavoro almeno una volta a settimana per richieste di clienti o per variazioni della quantità di lavoro, e un ulteriore 18,5% lo deve fare almeno una volta al mese. Per quanto riguarda il lavoro da casa, che nel 2019 ha coinvolto circa 1,3 milioni di occupati, (5,7%) risulta più diffuso nel settore dei servizi, anche se con forti differenze tra i comparti. Lo adottano più di frequente il settore dell’informazione e comunicazione, insieme a quello dei servizi alle imprese. Inoltre, nel settore istruzione, l’abitazione rappresenta molto spesso il luogo di lavoro secondario. Il lavoro da casa è invece pressoché inesistente per gli occupati negli alberghi e ristorazione, trasporti e magazzinaggio, sanità e assistenza sociale, e servizi alle famiglie.